Dieter Schlesak- Vivetta Valacca La luce dell'anima (Zeit Los brennt dieses Licht hier) ed. ETS, 2012
Eros, inteso come forza di attrazione di corpi, sembra aleggiare irresistibile e prepotente sulla silloge.
Io sento ora la tua bocca, …la tua lingua / la saliva…
Riesci a sentire / la pelle / coperta di baci?
VOGLIO DARE GIOIA AL TUO CORPO /PERCHÉ TU MI PIACI / voglio che tu affondi nella mia carne e noi ci perdiamo totalmente.
A tratti i toni sono tanto alti da richiamare il cantico dei cantici:
Mia Amatissima,…/ Non è sempre la tua rosa / l'uscita - e l'entrata nel mondo?
In realtà, già il titolo del poemetto, scritto a quattro mani e in doppia lingua italiana e tedesca, indica che ci introduciamo in un ambito pienamente spirituale -illuminato-illuminante-, nel quale la creatura, attraverso l'Amore, trova suo compimento ed elevazione. E anche a leggere i versi in superficie ci si accorge che, per quanto la poesia in alcuni tratti risuoni appassionata e carnale, il significato di Amore, qui esposto, assomma connotati filosofici e teologici, quale Forma del mondo, strumento di Conoscenza e elevazione alla Verità.
Solo quando il due diventa uno accede all'acqua della vita e comprende che siamo polvere di stelle/ e soffio di Dio, mentre tutta la creazione appare nel suo eterno presente, pura bellezza, sollevata dai limiti e talora dagli orrori della vicenda terrena e della Storia.
Proprio lemmi come eterno/eternità, infinito, principio, creazione…, tornano dai testi sacri, dai tomi filosofici per indicarci che il discorso d'amore è, in vero, di natura immateriale e difatti il gioco delle maiuscole rimanda più che all'altro all'ALTRO e ad ALTRO.
La condivisione dell'Amore è lo strumento dell'Ascesa.
Di contro, la mancanza dell'esperienza di fusione di due anime attraverso il corpo, (…attraverso la pelle/l'anima parla all'anima.) conduce alla caduta nell'Assenza, nella precarietà e nel nonsenso. La compenetrazione di due esseri, dunque, non ha fine in sé ma permette di collocare nell'immensità del sovrasensibile il corpo deperibile.
Si parte, allora, dal concetto classico di Eros, che vede Amore forza originaria e unificatrice dell'universo, che infonde armonia ed ordine nella natura, per giungere al tema metafisico ed ontologico degli Universali.
La creatura del caduco, impigliata nell'accidente, sperimenta, già mentre ama prima della fine della sua vicenda umana, il superamento del corpo mortale per osservare il suo destino nell'aldilà, ossia l'inevitabile salvezza futura nella vera vita senza fine.
Ancora un'annotazione: il sentimento che proviamo per l'altro, che fonde due entità in un unico essere, è l'elemento che nella vita eterna dopo la morte, quando saremo solo conoscenza, diventerà il connotato della differenziazione.
Nella silloge si ritrova il concetto spinoziano di unione di Dio e natura, alto e basso, in quanto ciò che sta in basso è in sé atto d'amore, per la Bibbia emanazione della PAROLA, che squarcia il velo di Maya del reale, illuminando praterie sovrasensibili dove la definizione appropriata riguarda l'Infinito.
E solo attraverso la PAROLA-POESIA è possibile cogliere ed eternare i lineamenti dell'Assoluto, che si rivelano attraverso il connubio degli amanti.
Per mezzo della Parola -in principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio- il suono d'amore supera i limiti del corpo e si alza in volo dalla pietra tombale, verso l'eternità. Per le sue peculiarità elette, Amore, quindi, non può che esprimersi nella nobiltà della Poesia, che si fa strumento di immortalità.
A questo punto si potrebbe anche ipotizzare che tutta la silloge non rappresenti altro che una confessione d'amore per la Poesia eternatrice, nel senso inteso da Foscolo, e che l'amata alla fine sia proprio lei, che fa bruciare il corpo intanto che espande l'anima e la mente.
Nella postfazione è spiegata la genesi concettuale -ma anche pratica- dell'opera che vede nei due autori una completa vicinanza di convincimenti ideali. Diverso è l'assetto stilistico, con la preferenza del verso lungo e severo in Schesak, più elitario anche nella scelta lessicale e metaforica, breve e maggiormente risuonante nella Vivetta, ma ben allacciati da rimandi, tanto che il tutto si legge senza soluzione di continuità.
Fortuna Della Porta
Roma, 12/10/2012
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